venerdì 6 febbraio 2009

BRUCIA


Burn burn burn
Burn like a hell
Burn and drink a Burn
you can ring my bell
stop at my door
'cause it's your turn

Brucia brucia brucia
brucia come l'inferno
brucio e bevo Burn
puoi suonare al campanello
fermarti alla mia porta
perché ora tocca a te

GIOCA a Kamatetris

martedì 27 gennaio 2009

Facebook, il gossip dei non V.I.P.


E se lo scopo di questo Social network chiamato Facebook fosse proprio quello di farsi i fatti altrui?
Parliamo del fenomeno di questi ultimi tempi, per una santa volta dal di dentro, in qualità di utenti di una certa levatura ed esperienza, senza falsi profeti sociologi o psicologi della domenica che vogliano appiopparci una definizione mediatica da sbandierare in ogni telegiornale, quel tanto che serve per allungare la brodaglia di notizie inconsistenti che solitamente ci viene elargita.
Devo ancora riflettere sulle conseguenze della modalità con cui FB è subentrato in Italia a tutti i livelli. Mentre negli USA è stato da anni un network piu studentesco che altro, in Italia il fenomeno si sta allargando a macchia d’olio. E’ incontrollabile oramai la crescita del numero di utenti di FB: in primo luogo il web è penetrato a tutti i livelli culturali, gente che non si era mai avvicinata alla rete, grazie a FB è diventata web-dipendente, ed in secondo luogo il fenomeno ha conquistato tutte le fasce di età.

- Amici dei miei! Io non li posso e non li voglio aggiungere.....! – mi appresto a dire ieri al mio amico scrittore Andrea Filipozzi, mentre siamo sul punto di partorire un’analisi talmente immediata e tagliente, fine e fotografica che noi stessi ne rimaniamo sorpresi.
- E come questa cosa modificherà alla lunga i nostri rapporti sociali? Pensaci, gente che comunicherà divorzi, nascite, matrimoni, rotture sentimentali compleanni e infine....morti! Le morti verranno comunicate su FB e saranno un fenomeno sociale mai successo prima....!

- Siamo italiani – mi risponde lui - abbiamo preso questa storia di FB quasi a cuore...adesso è una vera e propria invasione...la gente perde la testa...in America molti lo snobbano perché come dici tu è una cosa da studenti. Gente di una certa età ha la sua vita, non ha bisogno di una sorta di rifugio come questo...ma sai te l'ho detto siamo italiani, fanatici del gossip quindi farsi i cazzi degli altri è uno sport nazionale...FB va di brutto in England proprio x questo (credo...). Ovviamente i miei sono vaneggiamenti di un pazzo... – prosegue nel suo tipico modo genialpsyco.
- Dobbiamo pubblicare questa analisi invece! – dico - perché è molto avanti. Pensavo giusto ad uno che muore e il giorno dopo gli riempiono la bacheca di messaggi...”sei sempre nei nostri cuori, lasci un vuoto incolmabile”...pensaci un po'! Fenomeno sociale...la tua analisi è fine e puntuale. – concludo.
E lui mi fa – Si...nel caso uno spirasse ci sarà l'applicazione da installare che ti ricorda come per i compleanni, la data di morte e tu puoi inviare i fiori (virtuali) che verranno accettati in automatico con un messaggio che verrà pubblicato...almeno non devi perdere tempo ad andare al cimitero a trovarlo. Così se tieni veramente ad uno, tutti lo sanno, e puoi evitare di dire balle tipo "sono andato a trovarlo al cimitero ma gli ho portato dei fiori, sai che a me quelle cose fanno girare le palle"....Evoluzione si chiama...bah.
Geniale risvolto che io non avevo considerato.
- Comunque l'applicazione puoi crearla anche tu – gli faccio - solo che ti ruberanno l’idea !!! O ci lucreranno sopra...
- Appunto! – mi fa - io ci metto la testa e loro me la mettono nel culo! No, grazie. Ho già un abbonamento giornaliero a questo genere di disavventure...mi basta e m'avanza!

Autori
Andrea Filipozzi
Zimo

domenica 21 dicembre 2008

Attrattiva del Nulla


Morte
fuga perfetta
idea del nulla

Quando le gabbie costringono
la vita mi va stretta
lacera le stoffe
di un animo logoro

Portami via
Morte,
Viaggio assoluto e Nulla
e fammi sparire in un buco
un imbuto notturno di spazio
una piega oscura di questo universo

nascosta al mio Io

Saturo
di Vita, Dolori gioie esperienze
Attese che non hanno mai fine
e sono
le cifre assolute
di un Essere che è Stato.

sabato 15 novembre 2008

Bocca


Bocca.
riémpiti all'orlo
di baci al tabacco,
passione alla pioggia
parole al lampone
e
svuotati tutta.
di noia,
dolore e digiuni
di lacrime, astio e secchezza
e fatti
caverna
anfratto di muschio selvaggio
coperta di aghi di pino
rugiada di umida notte
e
cuore pulsante
che sa come fare
che sa cosa dire
che
notti leggere, meriggi e mattine
ti sa colorare.

giovedì 30 ottobre 2008

Splatter


La giornata si preannunciava insidiosa, pigra e arrotolata nel suo mattino di latte e caffè...quando d’improvviso un dubbio colse la ragazza: forse...la donna delle pulizie era schiattata??!!!

Il pensiero la colpì come una tonnellata di detriti del precambriano sciorinati sullo stomaco.

Senza perdere un secondo di più, si precipitò fuori della stanza, sbattendo la porta con violenza, corse verso le scale, saltando sulla rampa senza neppure guardare il primo scalino...il tallone mancò l’attrito con lo spigolo ed il suo culo ossuto si ritrovò a cozzare contro i 90 gradi ad angolo vivo del marmo...cazzo! Un rumore di spina dorsale stridente entro la sua pelle fece rabbrividire tutto l’edificio.

Eeeeeehhhhhhhhhcccccckkkkk fece il tessuto osseo

Poi..Tud Tud Tud....il laconico e ripetuto ritornello dell’osso sacro tamburellante contro i contigui 25 gradini dell’intera rampa...

Merde! esclamò in un francese talmente perfetto da fare invidia a Catherine (Deneuve n.d.s.).

Giunta alla fine della corsa, facendo leva sul palmo di una pano posata sulla superficie marmorea e fredda, si preparava a raccogliere il suo mucchietto d’ossa mezzo rotte quando...

l’ombra minacciosa del magazziniere apparve in cima alle scale...era di spalle e trascinava un grosso pallett su rotelle.

Fece appena in tempo a sussurrare in un fil di voce strozzato un flebile, no! prima d’accorgersi, ormai troppo tardi, che la presa della leva del carrello gli sfuggiva di mano.

Con uno schianto infernale il grosso carico di motori e azionamenti prese la china delle scale, piombando con un tonfo orrendo sul corpo della ragazza e sfracellandone le volatili ossa.

La carne venne tagliata in piu punti e il sangue schizzò dappertutto, lordando irreparabilmente il muro bianco.



Piu tardi un capannello di persone si radunò attorno al cadavere, le punte delle scarpe che evitavano accuratamente le macchie di materia cerebrale sparsa sul pavimento.

"Peccato", disse qualcuno. "L’avevano ritinteggiato appena due giorni fa, il muro".

Autumn leaves

Questa è per chi non si accontenta dell’azione, ma vive di intensi momenti solipsistici, epifanie improvvise che gli rivelano una parte di realtà fino ad allora ignota, chi è in grado di capire e filtrare tutto attraverso l’anima. La strada, l’asfalto, la sottile bruma che evapora dai bordi selvatici della via, il sole che rifrange la nebbiolina azzurra al mattino, l’arancione del pallido sole d’inverno che albeggia. Questa è per i descrittivi, gli amanti dell’estetica e del bello, per l’artista che rincorre un’armonia, per l’artista che si nutre di folgorazioni improvvise che non torneranno mai più, per chi cerca, ricerca, viviseziona l’armatura più profonda della metafisica, ciò che mai potremo conoscere col cervello, o i sensi, ciò che aneliamo che ci venga svelato. Questa è per la mattina, quando guido in macchina e quel sole arancione, mi ferisce gli occhi, "mi fere ’l sol di tra’ lontani monti", e quel bozzolo della mia auto diventa tutta la mia vita, tutto il mio momento, prima di cominciare la giornata, e ascolto John Coltrane e il suo sax è carezzevole, morbido, come una colata d’olio caldo sulla schiena, come brividi e massaggi sul mio corpo, e l’istante è perfetto, da incorniciare, le note, le onde sonore, perfettamente in sincrono con le mie onde alfa o quel che sia, e l’anima si gode una perfezione musicale, visiva, auditiva, percettiva, cinestesica, spirituale che non vorrei abbandonare mai. E questa è per John Coltrane che mi ha dipinto quelle note, per Jacques Prevert che mi ha scritto quelle parole mute, per Miles Davis che spezza con la potenza acida della sua tromba, ma calda, ma stridente, incandescente, quel connubio di note spinte all’ennesima perfezione, all’ennesima magia. Questa è per me quando guido la macchina al mattino, sulla tangenziale, guardo il sole, osservo le brume, scorgo una magia che aleggia su tutto, anche se il paesaggio è ostile, e mi dico: che bello, dopotutto, vivere.

Il grande scrittore


Dovette andare dal dottore. Era costantemente affetto da quella malattia dello scrittore, che lo faceva cagare parole di continuo, egli se ne scusava coi suoi lettori, ma era più forte di lui, la logorrea delle parole belle gli aveva logorato budella e cervella.

E cosi dal medico in sala d’attesa, tristemente depresso dal suo destino, mentre gli altri sfogliavano il giornale spiando di sottecchi e qualcuno sbadigliava, venne chiamato dentro da un "Avanti!" di ottocentesca memoria.

- Dottore è grave? Supplicò, quando fu davanti al medico magrissimo ed emaciato, con un camice bianco e due grosse palle al posto degli occhi contornati da occhiali quadrati e marroni.

- Ehhh...bè...diciamo...- Rispose enigmatico il medico

Scribacchiò due segni incomprensibili sul taccuino a mo’ di geroglifico sibilando dal naso.

- Mi prenda due Logorron in compresse al mattino e alla sera, possibilmente dopo i pasti e - continuò vergando la carta colla stilografica di cinquant’anni fa - cerchi di riposare! Il più possibile mi raccomando! Che la vedo sciupatissimo, mi si sta logorando completamente, a causa della Logorrea!

- E che posso fare dottore, quando la Logorrea mi attacca in pubblico? - chiese affranto il povero scrittore?

- Allora, per gli attacchi di Logorrea, mi prende alla bisogna, dieci, quindici gocce, a seconda del sintomo, di Logorin Gocce R.P. a rilascio prolungato. E mi raccomando, cerchi di dormire, il più possibile, ha capito? - sibilò ancora il medico, sgridandolo.

Lo scrittore era più depresso che mai, le sopracciglia folte gli stavano ormai disegnando due parentesi graffe oblique che gli ricoprivano interamente gli occhi e la bocca era talmente piegata all’ingiù che oramai aveva assunto la forma di una grossa V al contrario.

- Dottore, ma se gli attacchi si ripetono? Se si ripetono in pubblico, che faccio? Voglio dire...dottore, lei mi capirà...ma un conto è quando mi prende l’attacco mentre sono li alla scrivania e in qualche modo riesco a trasferirlo in prosa...ma dottore, se mi prende mentre sono in pubblico? o durante una conferenza? o, peggio, la presentazione del mio libro? - Lo scrittore assunse un’aria veramente piagata, da malato terminale di lebbra in procinto di ricevere il miracolo che non era mai che arrivava.

- Massignore mio! Le ho detto caro signor Bucchi...anzi, Carlo, si fidi del suo medico! Se le dico che con le gocce li annientiamo questi attacchi? - disse il medico incrociando le mani a mo’ di esortazione terminale - E se la pigliano in pubblico, lei se ne vada un attimo fuori, al fresco, a prendere l’aria, e, non dovrei dirglielo, ma in questi casi, chiudiamo un’occhio, si fumi una sigaretta, beva un sorso d’acqua colle gocce e vedrà, vedrà caro Bucchi!

Era finita la visita. Pagò sull’unghia i 150 euro di onorario e se ne andò con spalle cascanti e passo trascinato e la ricetta in mano.

Al 15 del mese aveva la presentazione del libro. Gli attacchi non s’erano più verificati e lui era tranquillo, anzi, se n’era proprio dimenticato, preso com’era dall’eccitazione della sua nuova opera. Giulia, la moglie, si stava mettendo gli orecchini prima d’uscire. Lo scrittore la prese sottobraccio pieno d’entusiasmo.

- Andiamo cara Giulietta, andiamo. Ché stasera me lo sento, sarà un successone! - rise lo scrittore sbaciucchiandola alla guancia.

Dopo la presentazione, ch’era andata proprio come lo scrittore s’aspettava - tutti erano stati entusiasti e prodighi di complimenti - si spostarono nella grossa sala illuminata a giorno per il cocktail e i brindisi di congratulazioni. C’erano proprio tutti, il sindaco, l’editore capo, i colleghi, i giornalisti, gli amici...

L’editore tintinnò col coltello sul calice di cristallo del prosecco, si fece un silenzio tombale rotto da qualche brusio, reverente e quasi sacrale.

Le luci accese, la folla a bocca chiusa, gli occhietti di tutti puntati su di lui, l’editore che incensava l’opera del grande scrittore vivente Carlo Bucchi, colla voce stentorea: allo scrittore salì il panico fin sulla gola, bianco come un cencio, con un rapido scatto, per non rischiare l’attacco di logorrea in pubblico, fece come gli aveva consigliato il medico: fuggì e si ritirò in bagno senza proferire parola.

Più tardi la moglie, Giulia era cosi preoccupata, che non si riuscì a calmarla neanche con un Gin e lo sventolare di fazzoletti: Carlo Bucchi s’era chiuso, a tripla mandata, dentro a quel bagno, senza voler più uscire.

- Ti prego Carlo sii ragionevole - supplicavano gli amici attraverso la porta - Carlo, dì qualcosa, non vedi che Giulietta è come un cencio? Non t’interessa niente di lei? Dì una parola, dì qualcosa!

A niente valsero le suppliche. La porta rimase muta. Carlo Bucchi non rispondeva più, sembrava fosse sparito nel nulla.

Chiamarono i vigili, chiamarono l’ambulanza. In ultimo dovettero sfondare la porta perché Carlo Bucchi, il grande scrittore, non aveva più dato segni di vita da almeno mezz’ora.

Trovarono la sala da bagno vuota, al posto del water un grosso buco nero, sembrava come se un’esplosione l’avesse fatto saltare, e con esso parte del muro e lo scrittore in persona s’erano volatilizzati.

Chiamarono il medico che l’aveva in cura, venne, fece un rapido sopralluogo, scosse la testa, in segno di ineluttabilità: è morto per un attacco fatale di Logorrea. Sentenziò.