giovedì 30 ottobre 2008

Il grande scrittore


Dovette andare dal dottore. Era costantemente affetto da quella malattia dello scrittore, che lo faceva cagare parole di continuo, egli se ne scusava coi suoi lettori, ma era più forte di lui, la logorrea delle parole belle gli aveva logorato budella e cervella.

E cosi dal medico in sala d’attesa, tristemente depresso dal suo destino, mentre gli altri sfogliavano il giornale spiando di sottecchi e qualcuno sbadigliava, venne chiamato dentro da un "Avanti!" di ottocentesca memoria.

- Dottore è grave? Supplicò, quando fu davanti al medico magrissimo ed emaciato, con un camice bianco e due grosse palle al posto degli occhi contornati da occhiali quadrati e marroni.

- Ehhh...bè...diciamo...- Rispose enigmatico il medico

Scribacchiò due segni incomprensibili sul taccuino a mo’ di geroglifico sibilando dal naso.

- Mi prenda due Logorron in compresse al mattino e alla sera, possibilmente dopo i pasti e - continuò vergando la carta colla stilografica di cinquant’anni fa - cerchi di riposare! Il più possibile mi raccomando! Che la vedo sciupatissimo, mi si sta logorando completamente, a causa della Logorrea!

- E che posso fare dottore, quando la Logorrea mi attacca in pubblico? - chiese affranto il povero scrittore?

- Allora, per gli attacchi di Logorrea, mi prende alla bisogna, dieci, quindici gocce, a seconda del sintomo, di Logorin Gocce R.P. a rilascio prolungato. E mi raccomando, cerchi di dormire, il più possibile, ha capito? - sibilò ancora il medico, sgridandolo.

Lo scrittore era più depresso che mai, le sopracciglia folte gli stavano ormai disegnando due parentesi graffe oblique che gli ricoprivano interamente gli occhi e la bocca era talmente piegata all’ingiù che oramai aveva assunto la forma di una grossa V al contrario.

- Dottore, ma se gli attacchi si ripetono? Se si ripetono in pubblico, che faccio? Voglio dire...dottore, lei mi capirà...ma un conto è quando mi prende l’attacco mentre sono li alla scrivania e in qualche modo riesco a trasferirlo in prosa...ma dottore, se mi prende mentre sono in pubblico? o durante una conferenza? o, peggio, la presentazione del mio libro? - Lo scrittore assunse un’aria veramente piagata, da malato terminale di lebbra in procinto di ricevere il miracolo che non era mai che arrivava.

- Massignore mio! Le ho detto caro signor Bucchi...anzi, Carlo, si fidi del suo medico! Se le dico che con le gocce li annientiamo questi attacchi? - disse il medico incrociando le mani a mo’ di esortazione terminale - E se la pigliano in pubblico, lei se ne vada un attimo fuori, al fresco, a prendere l’aria, e, non dovrei dirglielo, ma in questi casi, chiudiamo un’occhio, si fumi una sigaretta, beva un sorso d’acqua colle gocce e vedrà, vedrà caro Bucchi!

Era finita la visita. Pagò sull’unghia i 150 euro di onorario e se ne andò con spalle cascanti e passo trascinato e la ricetta in mano.

Al 15 del mese aveva la presentazione del libro. Gli attacchi non s’erano più verificati e lui era tranquillo, anzi, se n’era proprio dimenticato, preso com’era dall’eccitazione della sua nuova opera. Giulia, la moglie, si stava mettendo gli orecchini prima d’uscire. Lo scrittore la prese sottobraccio pieno d’entusiasmo.

- Andiamo cara Giulietta, andiamo. Ché stasera me lo sento, sarà un successone! - rise lo scrittore sbaciucchiandola alla guancia.

Dopo la presentazione, ch’era andata proprio come lo scrittore s’aspettava - tutti erano stati entusiasti e prodighi di complimenti - si spostarono nella grossa sala illuminata a giorno per il cocktail e i brindisi di congratulazioni. C’erano proprio tutti, il sindaco, l’editore capo, i colleghi, i giornalisti, gli amici...

L’editore tintinnò col coltello sul calice di cristallo del prosecco, si fece un silenzio tombale rotto da qualche brusio, reverente e quasi sacrale.

Le luci accese, la folla a bocca chiusa, gli occhietti di tutti puntati su di lui, l’editore che incensava l’opera del grande scrittore vivente Carlo Bucchi, colla voce stentorea: allo scrittore salì il panico fin sulla gola, bianco come un cencio, con un rapido scatto, per non rischiare l’attacco di logorrea in pubblico, fece come gli aveva consigliato il medico: fuggì e si ritirò in bagno senza proferire parola.

Più tardi la moglie, Giulia era cosi preoccupata, che non si riuscì a calmarla neanche con un Gin e lo sventolare di fazzoletti: Carlo Bucchi s’era chiuso, a tripla mandata, dentro a quel bagno, senza voler più uscire.

- Ti prego Carlo sii ragionevole - supplicavano gli amici attraverso la porta - Carlo, dì qualcosa, non vedi che Giulietta è come un cencio? Non t’interessa niente di lei? Dì una parola, dì qualcosa!

A niente valsero le suppliche. La porta rimase muta. Carlo Bucchi non rispondeva più, sembrava fosse sparito nel nulla.

Chiamarono i vigili, chiamarono l’ambulanza. In ultimo dovettero sfondare la porta perché Carlo Bucchi, il grande scrittore, non aveva più dato segni di vita da almeno mezz’ora.

Trovarono la sala da bagno vuota, al posto del water un grosso buco nero, sembrava come se un’esplosione l’avesse fatto saltare, e con esso parte del muro e lo scrittore in persona s’erano volatilizzati.

Chiamarono il medico che l’aveva in cura, venne, fece un rapido sopralluogo, scosse la testa, in segno di ineluttabilità: è morto per un attacco fatale di Logorrea. Sentenziò.

Nessun commento:

Posta un commento